OPERAMONDO

Dans vos viviers, dans vos étangs,
Carpes,
que vous vivez longtemps!
Est-ce que la mort vous oublie,
Poissons de la mélancolie.

 

UN MONDO DI LIBRI

UN LIBRO DEL MONDO

 

LATORRE EDITORE


DIZIONE





 

FONETICA

 

2.3. LA MELODIA

 

 

Nel capitolo precedente abbiamo visto quanto, del linguaggio, sia musica, altezza e colore del suono, canto insomma. È vero che nel parlato la vocalità è meno espressa, più contenuta che nel canto vero e proprio, ma è egualmente importante. Il grande attore Carmelo Bene usava definire la sua dizione un canto. Non aveva torto perché il suo modo di dire le vocali, anche se non era proprio un canto in senso stretto, ne evidenziava la sonorità creando una melodia che superava quella di solito usata nel parlato. Di solito anche i poeti, quando dicono le loro poesie, sembrano volerle cantare. Ungaretti, Bertolucci, Yeats hanno lasciato registrazioni molto belle con le loro voci tremanti, erano tutti vecchi quando hanno inciso, e cantanti. Ma la voce più toccante è quella di Dylan Thomas, che era solito leggere in pubblico le sue poesie, in reading molto frequentati. Conserviamo molti esempi delle sue letture, tra i quali la bellissima Do not go gentle into that good night, poesia scritta per il padre morente. La voce è mossa, virile, addolorata e tenera, come lo sono le poesie di questo autore, amatissime tra l’altro dai giovani, anche da quelli che amano più le canzoni che la poesia in senso stretto. È una voce che non declama, ma canta la propria rabbia e la propria tenerezza. Il file, insieme ad altri molto interessanti, è disponibile su una pagina del sito della Academy of American Poets: www.poets.org/page.php/prmID/361.

 

La melodia è il profilo sonoro che noi creiamo collegando con la memoria i suoni di varia lunghezza collocati a varia altezza. Nel parlato questo profilo è di solito contenuto entro limiti piuttosto ristretti, che però possono variare da lingua a lingua e da parlante a parlante. Nel canto non ci sono limiti se non quelli imposti dalla naturale estensione delle voci. Il canto insomma prende la materia calda e vibrante delle vocali e con questa disegna paesaggi mutevoli e grandiosi. Il suo tratto è portentoso. Afferra l’ascoltatore e gli pompa sangue nel cuore, gli impone il respiro. Il parlato ha mezzi meno sontuosi e potenti, ma altrettanto seducenti: lavora nelle piccole variazioni, si rivolge al cuore e al cervello contemporaneamente, prende per mano e conduce l’ascoltatore in un paesaggio meno colorato forse, ma anch’esso cangiante, misterioso, affascinante. Nel parlato la lingua espone sé stessa senza gonfiare il petto, senza truccarsi, nella sua pura bellezza elementare, nella sua semplicità di atto essenziale dell’essere umano.

 

Alla melodia di cui sono fatti i personaggi d’opera i compositori dedicavano, e dedicano, ogni loro talento, alla melodia con cui costruiscono il proprio personaggio gli attori dedicano ogni attenzione. Nella Commedia dell’arte l’ampiezza della melodia del parlato era un modo preciso (insieme alla gestualità, al costume, alla presenza o meno della maschera e alla parlata in lingua o in dialetto) per individuare il tipo del personaggio: i nobili stavano dentro un profilo piuttosto piatto, fine, mentre i popolani, le maschere, usavano una melodia pepata, dai contorni più accentuati, vistosi.

 

Si potrebbe parlare ancora a lungo della melodia e del sua potenza espressiva, ma voglio terminare con una affermazione di Claude Lévi-Strauss, lo studioso delle civiltà originarie, prodigioso inventore dell’antropologia strutturale e quindi profondo conoscitore del sapere e della creatività umane: “Di tutte le cose che ho conosciuto a proposito degli uomini, una è la più misteriosa: la melodia”. Intendeva dire che è stupefacente quanto la melodia sia efficace nel penetrare la sensibilità umana.

 

 


 






 

Copyright 2022
LATORRE EDITORE
VIALE DELLA RIMEMBRANZA 23
15067 NOVI LIGURE AL ITALY
+39 339 225 0407

 

redazione @latorre-editore.it

+39 339 22 50 407