OPERAMONDO

 

 

Dans vos viviers, dans vos étangs,
Carpes, que vous vivez longtemps!
Est-ce que la mort vous oublie,
Poissons de la mélancolie.

 

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DINO BUZZATI

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La scena era piuttosto allucinante. Van Teller, per quanto rapito in quella specie di trance, poté dirmi: ‘Guardi, guardi dalla finestra’. Guardai dalla finestra. E capii ciò che il vecchio orologiaio aveva prima cercato di spiegarmi. Sì, Hieronymus Bosch non aveva inventato nulla, aveva dipinto tale e quale lo spettacolo offerto quotidianamente ai suoi occhi.

Di lassù non potevo scorgere che la casa di fronte e una fetta di quelle adiacenti. Ma, per l’incantesimo di quella notte, esse apparivano come scoperchiate e nell’interno si distingueva la gente che mangiava, dormiva, litigava, lavorava, faceva l’amore, odiava, invidiava, sperava, desiderava, come tutti noi. Erano uomini e donne e bambini, tali e quali il nostro consueto prossimo quotidiano, ma frammisti a loro, con supremazia di maggioranza, si agitavano brulicando innumerevoli cose viventi simili a celenterati, a ostriche, a ranocchie, a pesci ansiosi, a gechi iracondi, simili ai cosiddetti mostri di Hieronymus Bosch; e che non erano altro che creature umane, la vera essenza dell’umanità che ci circonda. Latravano, vomitavano, addentavano, sbavavano, infilzavano, dilaniavano, succhiavano, sbranavano. Così come noi ci sbraniamo giorno e notte, a vicenda, magari senza saperlo.

Poi di colpo la rivelazione cessò. Non vidi più che la casa di fronte, chiusa e immota, le case adiacenti, pure esse spente e addormentate. Tutto era tornato all’apparenza banale e tranquillizzante della realtà quotidiana, a cui siamo abituati. Mi voltai. Il vecchio orologiaio, ansimante, si era abbandonato su un divano. Sembrava esausto.

Il silenzio della notte, l’immobilità delle cose. Tutto come quando ero entrato: tranne quella schifosa forma metà salamandra e metà uccello dipinta sulla tavola, che quando io ero entrato non c’era.

Sul divano il vecchio era triste: ‘Non arriverò mai a finirlo, questo quadro. Sono stanco. Sono vecchio. E lui viene sempre più di raro…’.

Guardai attentamente il dipinto. Era eseguito con la perfezione dell’antico maestro, si notavano perfino le screpolature del colore che soltanto i secoli sanno dare. ‘Nessuno l’ha visto?’, chiesi. ‘Nessuno’. ‘E dopo’. ‘Dopo la mia morte, lei intende dire? No, signore, nessuno mai lo vedrà. Io sono un matto, un povero matto. Questo dipinto è il mio segreto. Ho dato disposizioni. Con me scomparirà’.

 

HIERONYMUS BOSCH: IL MAESTRO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE

Classici dell'arte, Rizzoli, 1966

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Voce Nazzareno Luigi Todarello

 


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