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ESPANSIONI |
DANTE ALIGHIERI
COMMEDIA INTRODUZIONE
DANTE NOVELLO ADAMO
Racconta Dante, sulla base del racconto biblico, al suo
tempo accettato come vero da tutti (o quasi), che quando Dio
ha creato l’uomo, e da esso la donna, li ha messi nel
paradiso terrestre, fatto appositamente per loro: lì
dovevano vivere, felici e sempre sani, in un ambiente
delizioso, in attesa di “maturare” nella gratitudine per
ascendere all’empireo anima e corpo. Questo luogo
meraviglioso, nel quale ogni senso umano era pienamente
soddisfatto, si trova in cima a una montagna altissima nel
mezzo dell’oceano che occupa tutto l’emisfero australe.
L’isola è il risultato del sommovimento geologico generato
dalla caduta di Lucifero: prima la terra emersa era tutta da
questa parte del globo, poi si è spostata per non farsi
toccare dall’angelo traditore diventato re dei diavoli. Lo
spostamento tellurico ha fatto emergere l’attuale “gran
secca”, la losanga delle terre dell’emisfero australe, prima
tutto coperto dalle acque, e l’altissima isola che Dante
immagina come purgatorio. Dopo sette ore di completa e piena
felicità, durante le quali tra l’altro Adamo è stato
invitato a “nominare”, cioè a prendere possesso delle cose e
degli animali, si fa vivo Satana sotto forma di serpente, e
tramite Eva induce Adamo a commettere il peccato originale:
“oltrepassare il segno” stabilito da Dio. Così, dopo l’atto
di superbia del suo più luminoso angelo, Dio si trova di
fronte a quello della creatura che nei suoi piani doveva
costituire il ponte, la via di mezzo tra intelligenza
angelica e materia creata. Immediatamente Adamo e la sua
compagna sono scacciati, pieni di vergogna, dal paradiso
terrestre per affrontare una vita di fatica e dolori, prima
di morire. Dio non aveva previsto la morte per la sua
creatura. Secondo i suoi intendimenti gli esseri umani
sarebbero ascesi al Cielo anima e corpo. La porta del Cielo
ora è per sempre chiusa, per loro e per tutti quelli che da
loro discenderanno, la specie umana. Vivranno sulla terra
emersa, che però ora si trova dall’altra parte del globo.
Come sono arrivati nell’emisfero boreale Adamo ed Eva? Dante
non lo dice. Ma possiamo fare delle ipotesi per completare
il racconto. Dobbiamo immaginare che siano scesi piangendo
dalla cima della montagna del purgatorio, ovviamente ancora
disabitato, fino alla spiaggia. Poi?
Due ipotesi. La prima
è che abbiamo costruito una barca e abbiano fatto al
contrario il viaggio che farà Ulisse, “sempre acquistanto
dal lato destro”[1],
superando quelle che saranno le colonne d’Ercole e arrivando
nel Mediterraneo. La seconda, che si siano infilati nel
cunicolo che conduce al centro della terra, spinti dallo
stesso desiderio che spinge i dannati a correre verso il
loro supplizio; “ché la divina giustizia li sprona, / sì che
la tema si volve in disio.” (Inf.
III 125-126). Hanno superato il centro della terra
aggrappandosi ai peli di Satana e hanno faticosamente
risalito le balze dell’inferno, anch’esso ancora
completamente vuoto, per arrivare infine sulla terra da ora
in poi teatro delle vicende umane. Nel XIV dell’Inferno
Dante descrive il “veglio di Creta”, una statua composta di
diversi materiali e spaccata da fessure (il peccato
originale) che gocciano lacrime, poggiante prevalentemente
sul piede di terracotta, sul cui significato le ipotesi si
sono accumulate nei secoli. Le lacrime diventano i fiumi
infernali: Acheronte (acqua), Stige (fango), Flegetonte
(sangue) e Cocito (ghiaccio). È probabile che la statua
rappresenti proprio Adamo (il “vecchio Adamo”, cioè l’uomo
non purificato dalla colpa di cui parla Paolo nella prima ai
Corinzi,
15-22), arrivato sull’isola di Creta, che, secondo la
geografia del tempo, sta esattamente nel mezzo tra i tre
continenti allora conosciuti. Adamo è l’umanità spaccata dal
peccato e grondante lacrime. Dante è “figura” di Adamo (e
viceversa, ovviamente): il suo viaggio nell’aldilà è
esattamente il contrario di quello che ha compiuto Adamo, e
lo porta là dove Adamo ha peccato, negando a se stesso la
possibilità di salire al Cielo. Cosa che invece nella
Commedia Dante,
con l’aiuto di Virgilio e di Beatrice, riesce a fare. Da
vivo, come era previsto che facesse Adamo. Nel paradiso
terrestre, luogo del primo peccato dell’umanità, Matelda,
l’umanità innocente, immergerà Dante nel Letè, che lava via
il ricordo dei peccati, e nell’Eunoè, che dona la memoria e
la felicità del bene fatto in vita. Così, puro e leggero,
Dante volerà verso il Cielo. E la stessa cosa fanno tutti
gli esseri umani che col dolore purificano se stessi sulle
cornici della montagna, che un tempo (esattamente 6498 anni
prima della salita di Dante, come ci dice il poeta in
Par. XXVI 118-123)
Adamo ha disceso piangendo.
Quando il poeta incontrerà Adamo, nel XXVI del
Paradiso, questa
coincidenza delle figure apparirà chiaramente:
“La critica si è avvicinata, ma non ha ancora pienamente
spiegato il valore figurale di questo incontro Adamo-Dante,
che si pone quasi a conclusione del viaggio di Dante, prima
dell'incontro tra Dante e Dio. L'istanza morale di Dante è
quella di farsi novello Adamo, cioè uomo restaurato alla sua
primitiva innocenza, tale a cui soltanto è concessa la piena
visione di Dio. In Adamo c'è la figura dell'umanità tutta,
come in Dante pellegrino d'oltretomba: se Dante vuole
giungere fino a Dio, deve in se stesso riassumere e
rappresentare la storia totale del mondo." (Giacalone).
“Sempre acquistanto dal lato
mancino” Inf. XXVI 126.
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